La finanza comanda e decide
attraverso il controllo dell’emissione monetaria, lo hanno evidenziato con
forza Claudio Bertoni e Claudio Pisapia del Gruppo Economia cittadini di
Ferrara (Gecofe) a Badia Polesine (Rovigo)
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BADIA POLESINE (RO) – Il
debito pubblico è un’invenzione così almeno la pensano Claudio Bertoni e
Claudio Pisapia del Gruppo Economia cittadini di Ferrara (Gecofe) attivo da
anni con una visione dell’economia di controtendenza, ospiti del CDP venerdì 8
novembre dove si è parlato di economia sul tema: Moneta, Debito Pubblico e
Banche.
Claudio Pisapia, autore del
libro “Pensieri Sparsi”, ha evidenziato la comune e distorta percezione del
debito pubblico, mentre Claudio Bertoni, che ha esperienza nel settore del
Commercio equo e solidale occupandosi del settore dei beni rifugio e nel
trading in Borsa, si è concentrato su moneta e macro-economia. Dall’ottobre del
2011 entrambi si occupano di studi economici. Partendo dall’assunto che la
moneta è un’istituzione convenzionale il cui valore è dato dall’uomo in un
sistema di relazioni e scambi regolati dal diritto, i Due hanno sviluppato la
loro analisi sul debito pubblico e il ruolo delle banche.
In estrema sintesi, Loro
sostengono che la crisi finanziaria ha evidenziato come la Politica si scontra
con la supremazia dell’economia intesa non come fonte di beni necessari, utili,
vantaggiosi, ma come fonte di profitto per chi investe a scopo speculativo. Le
banche, la cui funzione dovrebbe essere quella di raccogliere il denaro
eccedente per collocarlo dove è utilizzabile “a beneficio” della società
organizzata e produttiva, sono divenute l’ingranaggio essenziale di una
macchina che produce l’accumulo delle ricchezze nelle mani dei pochi. Claudio
Bertoni, in particolare, è convinto che dietro lo spauracchio del debito
pubblico, la classe politica agisca favorendo gli interessi del mercato
finanziario globalizzato, puntando all’abbassamento del costo del lavoro
collegato alla produttività a scapito dei reali interessi delle famiglie e dei
lavoratori.
L’istituto McKinsey, fra i
più influenti al mondo, nel 2015 denunciava l’abnorme aumento
dell’indebitamento di Stati dall’inizio della crisi del 2011. Il rapporto
debito/pil è da paura. Il mondo è super indebitato, ma la domanda da porsi
dovrebbe essere: “Con chi”? Il punto è questo: “Se lo Stato utilizzasse (come
in passato) il monopolio della moneta a uso dei cittadini, toglierebbe potere
alla finanza”. L’altro punto sono gli enormi interessi in gioco, sul governo
del sistema energetico, produttivo e distributivo per cui, facendo credere allo
stato che ha un debito pubblico da gestire come un debito privato, si spinge ad
abbassarlo aumentando le tasse e svendendo tutto al mercato per ripagarlo.
Di fatto, la finanza comanda
e decide attraverso il controllo dell’emissione monetaria, grazie ai politici
proni al sistema che hanno rinunciato alla sovranità monetaria. Dunque, secondo
i due relatori, il problema dei problemi sta nel fatto che, se lo stato
s’indebita nella propria moneta, può sempre stamparla in caso di difficoltà e
rifinanziare il debito. Magari questo può creare inflazione, ma il rischio
d’insolvenza si abbassa. Se invece lo stato si è indebitato in valuta estera,
questa possibilità non esiste e cresce il rischio di default (la Grecia
insegna), perché non controlla più l’emissione monetaria. Nel caso italiano
quasi tutto il debito è denominato in euro, una moneta che non possiamo
stampare a piacere ed è come se il debito fosse denominato in valuta estera. La
soluzione sarebbe il ritorno alle banche centrali nazionali, che possono
lavorare con un patrimonio in negativo, non dovendo restituire nulla a nessuno.
Bisognerebbe ripensare il sistema delle relazioni monetarie internazionali, ma questa
è una decisione politica.
Insomma lo Stato avrebbe gli
strumenti per uscire da questo spauracchio fasullo e fare il suo lavoro, cioè
difendere la sua sovranità, ma questo farebbe gli interessi della gente normale
non dell’alta finanza.
Ugo Mariano Brasioli
Articolo di Mercoledì 13
Novembre 2019
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