LA TRUFFA DELL'UNIONE BANCARIA: EVIDENZE EMPIRICHE DALLA GERMANIA

Tratto dal blog di Marco Zanni, Europarlamentare, qui
Tantissimi cittadini italiani ed europei ancora oggi, spinti da un’informazione collusa e distorta, credono che l’Unione Europea sia un posto di democrazia e uguaglianza, dove tanti popoli e nazioni decidono di mettersi insieme, di cedere e condividere la loro sovranità con altra con l’obiettivo di massimizzare l’interesse comune, cosa che, secondo il pensiero di alcuni commentatori diciamo “ingenui”, non sarebbe possibile se ogni nazione stesse da sola, trincerata all’interno dei propri confini. Tuttavia chi in questi anni è riuscito ad andare oltre l’informazione manipolata dai media mainstream sa benissimo che questa è una grande menzogna, smentita oggettivamente dalla storia e dall’evidenza dei fatti.
Chi mi segue sa cosa sia veramente l’UE: non un posto di democrazia, uguaglianza ed equità tra stati membri a pari livello, ma una grande società per azioni guidata con l’obiettivo di massimizzare l’interesse dei suoi azionisti di maggioranza (Germania e le lobby della grande industria e della grande finanza), a scapito degli interessi, e talvolta della sopravvivenza, degli azionisti di minoranza (e purtroppo l’Italia, nonostante sia membro fondatore e contributore netto del bilancio UE, sta tra questi ultimi). Una piccola dimostrazione di questo è la composizione del seppur poco utile Parlamento europeo, dove la Germania ha diritto ad eleggere un numero incredibilmente maggiore di deputati nell’assemblea rispetto a tutti gli altri stati membri, e quindi, di rimando, ha un’influenza maggiore in quell’istituzione, come anche nel Consiglio, dove siedono i rappresentanti degli Stati Membri.


Chi mi segue sa anche che l’Unione Bancaria, quel pacchetto di norme e di regolamentazione finanziaria approvato dall’UE in risposta alla grande crisi che aveva attraversato il settore dopo il 2008, è esattamente l’espressione di questa “asimmetria” democratica in seno all’UE: un sistema di regole che punisce eccessivamente un sistema di business relativamente sano come quello delle banche italiane (che pure ha i suoi problemi legati all’impatto di una crisi economica ormai senza fine che ha messo in ginocchio famiglie e aziende, ormai incapaci di rimborsare i debiti contratti con gli istituti finanziari), mentre chiude più di un occhio con quei sistemi Nord europei che, con i loro bilanci infarciti di derivati, strumenti finanziari complessi e dal dubbio valore contabile e prestiti allegri a settori in grave difficoltà come quello dei trasporti commerciali marittimi (shipping), rappresentano un rischio molto più grande alla stabilità del sistema finanziario europei. In questo contesto, fa poi storia a sé il sistema tedesco delle Landesbank e Sparkasse, composto da migliaia di istituti di piccolo-medio taglio di proprietà pubblica che rappresentano la fondamentale rete di credito che sorregge l’industria e l’economia del gigante tedesco: non la DeutscheBank, che pure ha i suoi problemi, zeppa com’è di cosiddetti “attivi di livello 3”, prodotti finanziari complessi e illiquidi il cui valore di iscrizione a bilancio è di fatto determinato dalla banca stessa, ma la Bayerische Landesbank o la HSH Nordbank, istituti di medio taglio abbastanza sconosciuti, se non agli addetti ai lavori. Ecco, questo sistema di banche composto da più di 1.500, per qualche strano scherzo del destino, è stato lasciato fuori dal primo pilastro dell’Unione Bancaria, cioè il meccanismo di vigilanza unico che, per molte banche dell’UE, dalla fine del 2014 non è più in capo all’autorità nazionale preposta ma all’autorità europea, cioè la BCE (più precisamente il Meccanismo Unico di Supervisione o SSM). Quindi, per sintetizzare il punto, più di 1.500 istituti tedeschi di proprietà pubblica che rappresentano, in termini di attivo di bilancio, più del 40% del sistema bancario tedesco (3.000 miliardi di euro), sono rimasti fuori dalla vigilanza unica europea e continuano ad essere “sorvegliati” dalla Deutsche Bundesbank, la banca centrale tedesca, attraverso la Bafin, l’ufficio preposto a questo compito. Cosa implica questo? Che la Germania può gestirsi per i fatti suoi e nella maniera migliore per il suo sistema economico-finanziario qualsiasi rogna che dovesse emergere, riducendo secondo necessità la pressione sui suoi istituti di credito.
Il sottoscritto denuncia dall’inizio del suo mandato, nel 2014, questa distorsione, questa asimmetria nella regolamentazione dell’Unione Bancaria: non si può tollerare che il 40% del sistema bancario dell’economia più grossa dell’Unione Europea sia lasciato fuori dalla supervisione unica, perché rappresenta di fatto un rischio sistemico non solo per la Germania, ma anche per gli altri stati membri e per tutta l’economia europea. Addirittura qualche mese fa al Parlamento europeo, insieme al Centro Europa Ricerche, abbiamo presentato uno studio dove denunciavamo le asimmetrie dell’Unione Bancaria e proponevamo alcune piccole soluzioni per rendere il sistema di regolamentazione più equo e più adatto a neutralizzare sin dal principio i rischi sistemici insiti nel sistema finanziario dell’Unione Europea.
Oggi, dalle pagine di uno dei più importanti quotidiani tedeschi, il Frankfurter Allgemeine Zeitung o FAZ, abbiamo l’ennesima conferma della bontà e della veridicità della nostra denuncia e del fatto che l’UE sia un club dove qualcuno è più uguale di altri. Infatti il FAZ titola che alcuni recenti stress test condotti dalla Bundesbank hanno dimostrato la forte vulnerabilità e i problemi del sistema tedesco delle Landesbank e delle Sparkasse. Come dicevo, parliamo di un gruppo di banche medio-piccole che in termini di attivo di bilancio rappresentano 3.000 miliardi di euro, più del 40% del sistema bancario tedesco. Secondo la Bafin, l’autorità nazionale preposta alla sorveglianza degli istituti di credito tedeschi, molte di queste banche medio-piccole si troverebbero in forte difficoltà di fronte a uno scenario di aumento dei tassi d’interesse: 68 banche, di cui l’articolo non specifica la dimensione, si troverebbero a dover raccogliere sul mercato capitale aggiuntivo nel caso di un aumento dei tassi, cosa che, nonostante i proclami di Mario Draghi, sembra nelle intenzioni della Banca Centrale Europea a partire dal 2018. Sarà interessante vedere come davanti all’impatto che potrebbe avere sul loro sistema bancario, i banchieri centrali tedeschi continueranno a fare pressione sulla BCE affinché si annunci un percorso di “normalizzazione” dei tassi d’interesse nell’area euro, che ad oggi sono a livelli eccezionalmente bassi. Non è infatti una novità che i tedeschi si stiano da tempo lamentando con la BCE dei tassi troppo bassi che a detta loro impatterebbero in maniera troppo negativa proprio il loro sistema finanziario.
Questa è una storia che deve far riflettere tutti coloro che hanno ancora una visione diciamo “troppo edulcorata” dell’Unione Europa e tutti quelli che, in preda ad un auto-razzismo ancora troppo diffuso nel nostro Paese, pensano che l’Italia sia il grande malato d’Europa. No, è una bugia confezionata ad arte dai media mainstream per farci sentire colpevoli, per convincerci che la responsabilità è solo nostra, che da altre parti le cose vanno meglio: falso, perché la Germania dimostra come nel cuore dell’Europa esista un gigante dai piedi d’argilla, con un sistema bancario non così solido come vogliono farci credere, con un’economia non così in salute come vogliono farci credere (i tassi di crescita medi del PIL tedesco negli ultimi 20 anni sono stati modesti), con un’etica che non è poi così cristallina (i grandi scandali di corruzione della Siemens, lo scandalo Dieselgate della Volkswagen, ecc.), la percezione di un fasullo Eden dove tutto funziona a meraviglia creata ad arte da un sistema di interessi a cui fa comodo quell’auto-razzismo distruttivo tutto italiano che ci fa considerare un popolo inferiore a tutti gli altri.

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