... riflessioni del giorno dopo ... di Guido SITTA
Quando ero ragazzo (anni ’70
e ’80) si ascoltavano i “cantautori”. Non solo facevano belle canzoni e
riuscivano a trascinarti con una voce e una chitarra, ma ti facevano pensare,
ti entusiasmavano o ti facevano incazzare ma, ad ogni modo, ti facevano
prendere una posizione. Non esisteva il “politically correct”, quello
spauracchio che ti impedisce di dire quello che pensi veramente e non era
necessario annacquare ed edulcorare le proprie opinioni per non fare torto a
nessuno. I cantautori se ne fregavano e ci facevano capire che se non ci fossimo
svegliati ci saremmo trovati imbavagliati, anestetizzati e lobotomizzati a
breve. I cantautori di oggi, ben che vada, ci raccontano delle loro
frustrazioni sentimentali e cercano di commuoverci col loro dolore di esistere.
Gli strumenti per informarsi
e conoscere, in quegli anni, erano sicuramente molto più limitati (e
controllati) di quanto lo siano oggi ma ciò nonostante il disagio, le
disuguaglianze sociali e le ingiustizie venivano denunciate ad alta voce, in
concerti dove si andava scalzi e dove si era tutti insieme, si faceva la
storia. Si era disposti a fare a botte per difendere le proprie idee, giuste o
sbagliate che fossero.
Oggi, che l’informazione è
alla portata di tutti, le ingiustizie e le spaventose aberrazioni sociali sono davanti
agli occhi di chiunque, al punto che sono diventate “normali”. La denuncia di
ciò che non va è stata spettacolarizzata, fa audience. Non si parla più di
ideali, non si denuncia più ciò che “non è giusto”, non è quasi più possibile
capire se si è di destra o di sinistra, tutto si è trasferito sul piano
dell’economia e della finanza. E’ stata alzata l’asticella del sapere e non
basta più parlare col cuore per svegliare gli animi, adesso prima di aprire
bocca bisogna essere certi di non dire stronzate, di essere ben informati. E
solo a quel punto si può denunciare e chiedere alla gente di svegliarsi.
Era da tanti anni che non mi
trovavo davanti un vero “cantautore”, uno che ha il coraggio di dire come stanno
le cose e che, visti i tempi, è anche capace di informarsi prima di parlare.
Uno che non ha peli sulla lingua e che ha preferito raccontare quello che vede
piuttosto che cantare ciò che la gente vuol sentire. Un sopravvissuto, un
Highlander del suo genere. Un cantautore moderno, che incarna la voglia di
raccontare come stanno le cose e che, senza nulla voler insegnare, chiede a chi
lo ascolta di aprire gli occhi e le orecchie, di svegliarsi.
Povia ti fa meditare su cosa
siano il debito pubblico, la soglia del 3%, la moneta, sino a chiedersi come
sia realmente nata l’unità d’Italia e a chi abbia fatto comodo. Sono argomenti
per un pubblico colto, adulto e che, dopo decenni di bugie raccontate dai
propri politici, nonostante la stanchezza e le innumerevoli delusioni, ha
ancora la voglia di farsi domande. Ci vorrebbero 10, 100, 1000 mille Povia, che
sappiano parlare a tutti, ai giovani, agli adolescenti, a quelli che in fondo
“meglio lasciare le cose come stanno”, a quelli che sono rassegnati, a quelli che
credono ancora a Babbo Natale e a quelli che non dicono quello che pensano
perché non sanno quanto sia bello.
Bravo Povia, per me sei
l’Highlander dei cantautori!
Bravo Guido......Un'analisi certamente dello spaccato del nostro tempo, e di quello che stiamo vivendo.
RispondiElimina