Sabato 28 settembre 2013
(le "origini" della proposta sono Marco Cattaneo e Giovanni Zibordi)
(le "origini" della proposta sono Marco Cattaneo e Giovanni Zibordi)
SIAMO RICCHI DI BENI E
SERVIZI MA MANCA LA MONETA!
TRE SOLUZIONI PER USCIRE
DALLA CRISI FINANZIARIA E SMETTERE DI SOFFRIRE
Carissimi Elisa Bulgarelli, Michela
Montevecchi, Nicola Morra, Maria Mussini, Vittorio Ferraresi, Alessandro Di
Battista, Luigi Di Maio e Mara Mucci,
questa nostra breve
accompagna tre proposte che abbiamo fatto nostre e che sono state pensate da
imprenditori, economisti ed esperti di finanza per uscire in tempi brevi dalla
crisi finanziaria che stiamo subendo e accettando.
Per le persone
razionali e per gli addetti ai lavori (competenti e seri) del settore economico
la moneta non è una quantità data, come quando circolavano solo monete
metalliche, ma una quantità "elastica", creata contabilmente dalle
banche e dalla Banca Centrale, quasi sempre sotto forma di credito. Se è stimata insufficiente la Banca
Centrale deve aumentarla e se stimata eccessiva deve ridurla.
Quando ci sono beni e servizi disponibili e tante persone che
domandano questi beni e servizi ma non possono accedervi (per mancanza di lavoro o perché
sottopagati o perché oberati dalle tasse e dalle imposte) è chiaro che manca moneta.
Niente inflazione: la
moneta emessa aumenta la domanda che è coperta dall’offerta di beni e servizi.
LE TRE PROPOSTE
Le proposte che vi
sottoponiamo sono interessanti perché la creazione di moneta:
1 Va
direttamente in mano ad aziende e singoli cittadini e non è fatta per aumentare
la spesa dello Stato. Noi cittadini e aziende siamo sicuramente meno
interessati a spendere questi soldi per avere consenso e in modo improduttivo,
rispetto ad un politico.
2. Diminuisce
l’interesse che ogni Stato paga al sistema bancario.
3. Riducono
il rapporto deficit/PIL aumentando la domanda. Aumenta il PIL aumenta
complessivamente il gettito fiscale totale.
Ecco in sintesi le tre
proposte:
1.
I
CERTIFICATI DI CREDITO FISCALE
2.
I
BOT FISCALI
3.
NAZIONALIZZARE
UNA BANCA: RISPARMIARE 70 MILIARDI/ANNO DI INTERESSI
COSA VI CHIEDIAMO
Il problema finanziario non è il più
importante, è semplicemente PRIORITARIO.
Probabilmente conoscete
già le tre proposte perché sappiamo che sono state già inoltrate al vostro
movimento. In ogni caso ve le sottoponiamo anche noi per aumentarne la
diffusione e confermarvi anche il nostro interesse.
Noi pensiamo che oggi il problema finanziario non è il problema
più importante, ma è il problema prioritario. Cioè se non affrontiamo prima
la riforma monetaria non possiamo fare politica, siamo totalmente inermi verso
qualsiasi istanza di vita, verso qualsiasi scelta civile.
I numeri degli sprechi
e delle inefficienze impallidiscono difronte ai numeri di un sistema monetario
che sposta risorse da chi lavora a favore di chi ha il denaro e di chi ne
governa le regole di emissione.
VI CHIEDIAMO
Vi chiediamo di approfondire quanto vi stiamo
sottoponendo e nel caso pensiate che non abbiano fondamenti economici vi
chiediamo di inviarci le vostre considerazioni e critiche.
Se, invece, vi
accorgete che queste proposte hanno un fondamento economico vi chiediamo di
risponderci su come intendete procedere. Vi chiediamo cioè di dirci se per voi è una questione prioritaria e con quali azioni e in quali tempi intendete portare avanti
queste proposte.
Sappiate che noi
comunque manterremo la nostra sovranità individuale e quindi ci sentiamo
responsabili delle nostre idee. In pratica vi stiamo dicendo che condivideremo
con voi e con qualsiasi altra persona, di qualsiasi altro movimento o partito od
organizzazione,
ogni azione e ogni dialogo
che va in questa direzione, senza
delegare. Abbiamo terminato di vivere aspettando che “qualcuno” faccia
“qualcosa”. Ognuno di noi qui a Ferrara ha scelto e si è accorto che può dire
“io ci sono”, o meglio “io sono”.
Avremo delle difficoltà noi e avrete
delle difficoltà voi; in questo ambito solo i fatti manifestano le nostre
intenzioni e dichiarazioni, così come le vostre intenzioni e dichiarazioni.
Buon cammino a tutti noi.
Questo documento ha ricevuto
l'adesione di 40 cittadini ferraresi.
Un gruppo di cittadini ferraresi.
Email: gruppoeconomia.fe@gmail.com
Ringraziamo in modo particolare Marco Cattaneo e Giovanni Zibordi che con
la loro professionalità e generosità hanno messo a disposizione tutto il
materiale qui presentato.
I CERTIFICATI DI CREDITO FISCALE
COSA SONO?
I Certificati di Credito Fiscale sono lo strumento –
alternativo all’uscita dal sistema euro – che consente di risolvere i problemi
finanziari ed economici.
In
Italia i costi di lavoro annui sono quasi 1.000 miliardi. I lavoratori ne percepiscono
circa 500, il resto sono tasse e contributi. Immaginiamo di ridurre del 10% il
costo lordo per l’azienda (100 miliardi) e di aumentare del 10% il netto per il
dipendente (50 miliardi): immaginiamo un’operazione da 150 miliardi in
tutto. Come finanziare questi 150 miliardi?
Qui
entra in gioco il nuovo strumento: i Certificati di Credito Fiscale. Aziende e
dipendenti continuano a versare gli stessi importi di prima, per tasse e
contributi, ma ricevono nello stesso tempo questi
Certificati. Immagina che il tuo netto sia 30.000 € all’anno, mentre al
lordo di tasse e contributi al tuo datore di lavoro ne costi 60.000. Tu
continui a percepire 30.000 €. In aggiunta, lo Stato ti assegna un Certificato
per 3.000 € d’importo. L’azienda continua a pagare 60.000 €, ma lo Stato
italiano gli assegna un Certificato per 6.000 €.
Punto
importante: i Certificati non sono debito. Lo Stato non li
rimborserà, ma li accetterà per qualsiasi pagamento: è moneta,
non debito. Rispetto al contante tradizionale, però, l’utilizzo è
differito di due anni. Il differimento serve perché al momento dell’utilizzo i
Certificati ridurranno gli euro incassati dallo Stato. Non è un problema se nel
frattempo l’economia è cresciuta e i maggiori introiti compensano quindi
l’utilizzo dei Certificati. Finanzio quindi un calo delle imposte
emettendo una “simil-moneta” utilizzabile nei confronti dello Stato italiano
(non in tutta l’area euro). Se fosse la BCE a stampare euro, ci sarebbe inflazione
in Germania, dove la domanda non è depressa.
La
UE non ce lo contesta? No: l’Italia non rimborserà i Certificati in cash:
s’impegna solo ad accettarli in pagamento. E’ sui debiti da pagare cash che
abbiamo vincoli con la UE, legati alle garanzie che sono state fornite. Con i
Certificati non stiamo chiedendo nulla a nessuno, ci stiamo attrezzando per
portare la nostra economia a regime.
I
Certificati produrranno una forte ripresa: grossa riduzione dei costi
aziendali, quindi più competitività, e insieme molto più potere d’acquisto per
i singoli. Questo rovescia gli effetti dell’austerità e avvia subito una
crescita di domanda sia interna che estera. 150 miliardi sono quasi il 10%
del PIL, pari all’“output gap”, la differenza tra PIL effettivo e
potenziale – quello che avremmo in condizioni normali. Il “buco” si è formato
prima per effetto della crisi 2009, non è stato recuperato e si è aggravato nel
2012 a causa dell’austerità. Questo è il recupero ottenibile in un paio di
anni. L’intervento sul cuneo fiscale svolge funzioni simili a un
riallineamento valutario. In un sistema di cambi flessibili i paesi più
competitivi rivalutano. Questo riequilibra i costi di lavoro per unità di
prodotto. Qui otteniamo un effetto analogo per un’altra via.
I CCF delineati nella proposta sono titoli emessi dallo stato italiano,
ma un’azione analoga può essere effettuata da parte di tutti gli altri paesi
membri dell’Eurozona, in particolare quelli attualmente in situazione di
difficoltà economica e domanda depressa.
Le assegnazioni di CCF saranno riconducibili a tre fattispecie
principali.
In primo luogo, verranno assegnati gratuitamente ai lavoratori, sia
dipendenti che autonomi, sia del settore privato che del settore pubblico, e
costituiranno una notevole integrazione del loro reddito e del loro potere
d’acquisto.
In secondo luogo, verranno assegnati, sempre gratuitamente, ai datori
di lavoro del settore privato, in funzione dei costi complessivi sostenuti
dall’azienda stessa per remunerare i propri dipendenti (e collaboratori
assimilabili: amministratori, co.co.pro.)
Questo implica una notevole riduzione dei costi di lavoro sostenuti
dalle aziende, senza che si produca una penalizzazione del reddito percepito
dal dipendente. Il reddito del dipendente, anzi, migliora, essendo quest’ultimo
a sua volta beneficiario – come visto poc’anzi – di assegnazioni di CCF.
Per chiarezza, va precisato che i datori di lavoro continueranno a
sostenere gli stessi costi in euro per retribuzioni, imposte (versate per conto
del dipendente) e contributi sociali, come previsto dalla legislazione oggi
vigente.
Tuttavia, i datori di lavoro riceveranno assegnazioni di CCF che, sul
piano economico e sostanziale, costituiranno una rilevante compensazione,
quindi uno sgravio, dei costi da essi sostenuti.
La bozza di proposta di legge descrive i possibili meccanismi di
assegnazione dei CCF a lavoratori e aziende.
Infine, il progetto CCF prevede che lo Stato possa emettere e
utilizzare un’ulteriore quota di CCF per effettuare azioni di spesa e di
sostegno della domanda. Per esempio, integrazioni di reddito a categorie
disagiate e particolarmente colpite dalla crisi, interventi di ricostruzione in
aree colpite da calamità naturali, accelerazione dei pagamenti scaduti a
fornitori della pubblica amministrazione, eccetera.
Lo Stato, in altri termini, emetterebbe un’ulteriore quota di CCF e li
utilizzerebbe per effettuare azioni del tipo elencato al paragrafo precedente.
Bozza di proposta
di legge per l’introduzione dei Certificati di Credito Fiscale
Qui viene proposto e commentato un testo legislativo tramite il quale i
Certificati di Credito Fiscale possono essere introdotti nell’ordinamento
giuridico italiano.
Il testo di legge riguarda la procedura di assegnazione di CCF a
lavoratori e datori di lavoro. Come detto, il progetto prevede anche che
ulteriori CCF vengano emessi e utilizzati dallo Stato per ulteriori finalità di
sostegno alla domanda.
Queste ulteriori finalità potrebbero essere integrazioni di reddito a
categorie disagiate, interventi di ricostruzione in aree colpite da calamità
naturali, accelerazione dei pagamenti scaduti a fornitori della pubblica
amministrazione, investimenti pubblici eccetera, e dovranno essere disciplinate
da provvedimenti legislativi separati.
Potranno rimanere comunque valide, riguardo a queste ulteriori forme
d’intervento, le caratteristiche tecniche (utilizzabilità, meccanismi di
circolazione, gestione amministrativa) di cui in particolare agli articoli 1,
2, 6, 7 e 10.
È interessante notare che il testo di legge è
sorprendentemente breve – dieci articoli in tutto – e complessivamente anche
piuttosto semplice per quanto attiene ai suoi meccanismi di funzionamento.
Proposta di legge n. [……] / 2013
Disposizioni in materia di emissione, negoziazione e utilizzo dei
Certificati di Credito Fiscale (nel seguito, in forma abbreviata, CCF)
Articolo 1
I CCF sono titoli utilizzabili dal loro possessore, nei termini
temporali di cui al successivo articolo 7, per estinguere qualsiasi forma di
obbligazione finanziaria nei confronti della pubblica amministrazione (come
definita al successivo articolo 2).
Articolo 2
La pubblica amministrazione, per quanto attiene alla presente legge, è
composta da:
le
amministrazioni dello Stato, che includono la presidenza del consiglio dei
ministri, i ministeri, le istituzioni scolastiche, le agenzie (inclusa
l’agenzia delle entrate) e le amministrazioni autonome;
l’Istituto
Nazionale della Previdenza Sociale e gli enti previdenziali pubblici in genere;
Equitalia
SpA, le sue controllate e tutte le società, enti e organizzazioni che svolgano
attività di riscossione di imposte e tributi per conto della pubblica
amministrazione;
le
autorità amministrative indipendenti;
le
regioni, le province, i comuni e gli altri enti territoriali locali;
gli
altri enti pubblici, nazionali e locali, tra cui le istituzioni universitarie,
le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e gli enti che
compongono il servizio sanitario nazionale.
Articolo 3
I CCF sono attribuiti a tutti i lavoratori ai quali venga erogata una
retribuzione risultante da un prospetto di paga come definito dalla legge 5
gennaio 1953 numero 4 e successive estensioni e modificazioni. La misura
dell’attribuzione di CCF è così determinata:
la
retribuzione erogata, al netto di imposte, contributi e altre ritenute di
legge, così come rilevabile da ciascun prospetto di paga, viene rapportata a un
periodo di dodici mesi.
Vengono
attribuiti CCF in misura pari al 23% della retribuzione netta erogata fino a
concorrenza di euro 12.500 su base annua; più il 14% della retribuzione netta
erogata sullo scaglione compreso tra euro 12.500 ed euro 20.000 su base annua;
più il 5% della retribuzione netta erogata sullo scaglione compreso tra euro
20.000 ed euro 42.500 su base annua.
Articolo 4
I CCF sono altresì attribuiti a tutte le imprese che agiscono in
qualità di datore di lavoro, ad eccezione di quelle appartenenti alla pubblica
amministrazione, e che corrispondano ai lavoratori una retribuzione che risulti
da un prospetto di paga come definito dalla legge 5 gennaio 1953 numero 4 e
successive estensioni e modificazioni. L’attribuzione dei CCF ai datori di
lavoro avviene in misura così determinata:
la
retribuzione erogata ad ogni singolo lavoratore, al netto di imposte,
contributi e altre ritenute di legge, viene rapportata a un periodo di dodici
mesi, e moltiplicata per un fattore di 2,25 al fine di determinare la
retribuzione lorda convenzionale.
Vengono
attribuiti CCF in misura pari al 23% della retribuzione lorda convenzionale
fino a concorrenza di euro 28.125 su base annua; al 14% della retribuzione
lorda convenzionale erogata sullo scaglione compreso tra euro 28.125 ed euro
45.000 su base annua; e al 5% della retribuzione lorda convenzionale erogata
sullo scaglione compreso tra euro 45.000 ed euro 95.625 su base annua.
Articolo 5
I CCF sono altresì attribuiti a tutti lavoratori che percepiscano
redditi da lavoro autonomo così come definiti e disciplinati dal Capo V, Artt.
53 e 54, D.P.R. 22 dicembre 1986. L’attribuzione dei CCF ai lavoratori autonomi
avviene in misura così determinata:
Viene
rilevato, per ogni singolo periodo d’imposta, il reddito da lavoro autonomo
imponibile ai fini fiscali.
Vengono
attribuiti CCF in misura pari all’11,5% del reddito da lavoro autonomo
imponibile ai fini fiscali fino a concorrenza di euro 28.125; al 7% dello
scaglione compreso tra euro 28.125 ed euro 45.000; e al 2,5% dello scaglione
compreso tra euro 45.000 ed euro 95.625.
Articolo 6
I CCF attribuiti non concorrono, in alcun caso, a formare il reddito
imponibile a fini fiscali o contributivi del soggetto assegnatario.
Articolo 7
Si definisce “Data di Validità” l’ultimo giorno del mese in cui i CCF
vengono attribuiti al soggetto assegnatario. Qualsiasi obbligazione di natura
finanziaria nei confronti della pubblica amministrazione, come definita al
precedente articolo 2, è automaticamente estinta mediante compensazione con un
pari importo di CCF di proprietà del soggetto obbligato, a condizione che la
sopra accennata operazione di compensazione abbia luogo mediante utilizzo di
CCF la cui Data di Validità sia almeno di due anni precedente all’effettuazione
dell’operazione di compensazione medesima.
La sopra accennata operazione di compensazione può essere validamente
effettuata non solo dal soggetto originariamente assegnatario dei CCF, ma anche
da qualsiasi altro soggetto che li abbia nel frattempo acquistati.
Articolo 8
L’attribuzione dei CCF avviene mediante accredito di un apposito conto
titoli aperto dall’assegnatario presso un istituto di credito o altro soggetto
autorizzato alla raccolta del risparmio, ai sensi del decreto legislativo
numero 385 dell’1.9.1993 (Testo Unico Bancario) e successive modifiche.
Per i soggetti aventi diritto all’attribuzione dei CCF ai sensi dei
precedenti articoli 3 e 4, l’attribuzione avviene al momento della
presentazione, presso l’istituto o soggetto a ciò deputato, del prospetto di
paga come definito dalla legge 5 gennaio 1953 numero 4 e successive estensioni
e modificazioni. La presentazione può anche validamente avvenire in forma
telematica e il soggetto deputato all’attribuzione dei CCF può essere il
medesimo a cui è (eventualmente) delegata la corresponsione della retribuzione
al lavoratore.
Per i soggetti aventi diritto all’attribuzione dei CCF ai sensi del
precedente articolo 5, l’attribuzione avviene al momento della presentazione,
presso l’istituto o soggetto a ciò deputato, della dichiarazione dei redditi da
cui risulti un reddito di lavoro autonomo come definito e disciplinato dal Capo
V, Artt. 53 e 54, D.P.R. 22 dicembre 1986.
Articolo 9
La responsabilità della corretta determinazione e della corretta
effettuazione delle operazioni finalizzate all’attribuzione di CCF ai sensi dei
precedenti articoli 3 e 4 compete al datore di lavoro.
La responsabilità della corretta determinazione e della corretta
effettuazione delle operazioni finalizzate all’attribuzione di CCF ai sensi del
precedente articolo 5 compete al lavoratore autonomo.
Articolo 10
I CCF sono liberamente e pienamente negoziabili e trasferibili.
E’ istituito un mercato telematico dei CCF, disciplinato dal Ministero
dell’Economia e sottoposto alla supervisione della Banca d’Italia e della
Consob.
Qui di seguito, si commenta il testo, articolo per
articolo.
Articolo 1
I CCF sono titoli utilizzabili dal loro
possessore, nei termini temporali di cui al successivo articolo 7, per
estinguere qualsiasi forma di obbligazione finanziaria nei confronti della
pubblica amministrazione (come definita al successivo articolo 2).
L’articolo 1 chiarisce che i CCF sono un titolo utilizzabile, non
immediatamente ma in un futuro prossimo (a partire da due anni dall’emissione),
per soddisfare qualsiasi tipo di impegno finanziario nei confronti della stato
italiano, definito nel senso più esteso possibile. Costituiscono quindi una
forma di “moneta con utilizzo differito”.
Articolo 2
La pubblica amministrazione, per quanto attiene
alla presente legge, è composta da:
le amministrazioni dello Stato, che
includono la presidenza del consiglio dei ministri, i ministeri, le istituzioni
scolastiche, le agenzie (inclusa l’agenzia delle entrate) e le amministrazioni
autonome;
l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale
e gli enti previdenziali pubblici in genere;
Equitalia SpA, le sue controllate e tutte le
società, enti e organizzazioni che svolgano attività di riscossione di imposte
e tributi per conto della pubblica amministrazione;
le autorità amministrative indipendenti;
le regioni, le province, i comuni e gli
altri enti territoriali locali;
gli altri enti pubblici, nazionali e locali,
tra cui le istituzioni universitarie, le camere di commercio, industria,
artigianato e agricoltura e gli enti che compongono il servizio sanitario
nazionale.
L’articolo 2 è semplicemente l’elenco di tutti gli
organi che compongono la pubblica amministrazione italiana.
Aticolo 3
I CCF sono attribuiti a tutti i lavoratori ai
quali venga erogata una retribuzione risultante da un prospetto di paga come
definito dalla legge 5 gennaio 1953 numero 4 e successive estensioni e
modificazioni. La misura dell’attribuzione di CCF è così determinata:
la retribuzione erogata, al netto di
imposte, contributi e altre ritenute di legge, così come rilevabile da ciascun
prospetto di paga, viene rapportata a un periodo di dodici mesi.
Vengono attribuiti CCF in misura pari al 23%
della retribuzione netta erogata fino a concorrenza di euro 12.500 su base
annua; più il 14% della retribuzione netta erogata sullo scaglione compreso tra
euro 12.500 ed euro 20.000 su base annua; più il 5% della retribuzione netta
erogata sullo scaglione compreso tra euro 20.000 ed euro 42.500 su base annua.
Il prospetto di paga di cui parla l’articolo 3 è il ben noto
“cedolino”, utilizzato per liquidare la retribuzione a tutti i lavoratori
dipendenti e anche agli amministratori di società, ai co.co.co. (collaboratori
coordinati e continuativi) e ai co.co.pro. (collaboratori contributivi per
programma).
I CCF sono erogati a tutte queste categorie di lavoratori, con un
meccanismo a scaglioni costruito in modo da offrire un maggior beneficio,
proporzionalmente, ai redditi più bassi. Vedremo successivamente come questo si
traduce in termini numerici.
Articolo 4
I CCF sono altresì attribuiti a tutte le imprese
che agiscono in qualità di datore di lavoro, ad eccezione di quelle
appartenenti alla pubblica amministrazione, e che corrispondano ai lavoratori
una retribuzione che risulti da un prospetto di paga come definito dalla legge
5 gennaio 1953 numero 4 e successive estensioni e modificazioni. L’attribuzione
dei CCF ai datori di lavoro avviene in misura così determinata:
la retribuzione erogata ad ogni singolo
lavoratore, al netto di imposte, contributi e altre ritenute di legge, viene
rapportata a un periodo di dodici mesi, e moltiplicata per un fattore di 2,25
al fine di determinare la retribuzione lorda convenzionale.
Vengono attribuiti CCF in misura pari al 23%
della retribuzione lorda convenzionale fino a concorrenza di euro 28.125 su
base annua; al 14% della retribuzione lorda convenzionale erogata sullo
scaglione compreso tra euro 28.125 ed euro 45.000 su base annua; e al 5% della
retribuzione lorda convenzionale erogata sullo scaglione compreso tra euro
45.000 ed euro 95.625 su base annua.
L’articolo 4 disciplina l’attribuzione dei CCF ai datori di lavoro del
settore privato, secondo un meccanismo analogo a quello previsto per i
lavoratori. Mentre per questi ultimi l’articolo 3 faceva riferimento al reddito
netto, per i datori di lavoro ci si basa sul costo totale per l’azienda. Per
praticità, si è utilizzata una “retribuzione lorda convenzionale” pari a un po’
più del doppio (2,25 volte per la precisione) la retribuzione netta. Altrimenti
si può fare riferimento all’effettivo costo azienda, il che è più complesso
perché richiede di ricalcolare imposte, contributi, TFR eccetera e non cambia
peraltro in modo significativo il risultato.
Non si procede all’attribuzione di CCF ai datori di lavoro del settore
pubblico, cioè allo Stato medesimo, perché si tratterebbe di una pura e
semplice partita di giro: lo Stato riceverebbe un titolo utilizzabile per effettuare
pagamenti nei confronti di se stesso.
Articolo 5
I CCF sono altresì attribuiti a tutti lavoratori
che percepiscano redditi da lavoro autonomo così come definiti e disciplinati
dal Capo V, Artt. 53 e 54, D.P.R. 22 dicembre 1986. L’attribuzione dei CCF ai
lavoratori autonomi avviene in misura così determinata:
Viene rilevato, per ogni singolo periodo
d’imposta, il reddito da lavoro autonomo imponibile ai fini fiscali.
Vengono attribuiti CCF in misura pari
all’11,5% del reddito da lavoro autonomo imponibile ai fini fiscali fino a
concorrenza di euro 28.125; al 7% dello scaglione compreso tra euro 28.125 ed
euro 45.000; e al 2,5% dello scaglione compreso tra euro 45.000 ed euro 95.625.
L’articolo 5 disciplina l’attribuzione di CCF ai lavoratori autonomi.
Non esistendo un “cedolino paga”, la proposta è in questo caso di far
riferimento ai redditi di lavoro autonomo come risultanti dalla dichiarazione
d’imposta annuale.
Rispetto all’articolo 3, le percentuali sono più basse perché
applicate, in questo caso, a redditi lordi d’imposta (e non netti in busta).
Articolo 6
I CCF attribuiti non concorrono, in alcun caso, a
formare il reddito imponibile a fini fiscali o contributivi del soggetto
assegnatario.
L’articolo 6 precisa che l’attribuzione dei CCF non dà origine ad
alcuna tassazione per chi li percepisce. E’, in altri termini, un beneficio
economico puro.
Articolo 7
Si definisce “Data di Validità” l’ultimo giorno
del mese in cui i CCF vengono attribuiti al soggetto assegnatario. Qualsiasi
obbligazione di natura finanziaria nei confronti della pubblica
amministrazione, come definita al precedente articolo 2, è automaticamente
estinta mediante compensazione con un pari importo di CCF di proprietà del
soggetto obbligato, a condizione che la sopra accennata operazione di
compensazione abbia luogo mediante utilizzo di CCF la cui Data di Validità sia
almeno di due anni precedente all’effettuazione dell’operazione di
compensazione medesima.
La sopra accennata operazione di compensazione può
essere validamente effettuata non solo dal soggetto originariamente
assegnatario dei CCF, ma anche da qualsiasi altro soggetto che li abbia nel
frattempo acquistati.
Il primo paragrafo dell’articolo 7 disciplina il momento temporale a
partire dal quale i CCF potranno essere utilizzati, che è la fine del mese in
cui saranno decorsi due anni dall’assegnazione. Per esempio, i CCF attribuiti
il 27 marzo 2014 (o il 10 marzo, o il 15 marzo) saranno tutti utilizzabili a
partire dal 31 marzo 2016. Saranno in pratica tutti accorpati nella scadenza
“marzo 2016”.
Il secondo paragrafo disciplina il concetto della libera circolazione:
l’assegnatario dei CCF può venderli prima della scadenza, e il compratore
finale (anche, eventualmente, in conseguenza di una successione di
compravendite) potrà utilizzarli alla scadenza esattamente come avrebbe fatto
l’assegnatario originale.
Articolo 8
L’attribuzione dei CCF avviene mediante accredito
di un apposito conto titoli aperto dall’assegnatario presso un istituto di
credito o altro soggetto autorizzato alla raccolta del risparmio, ai sensi del
decreto legislativo numero 385 dell’1.9.1993 (Testo Unico Bancario) e
successive modifiche.
Per i soggetti aventi diritto all’attribuzione dei
CCF ai sensi dei precedenti articoli 3 e 4, l’attribuzione avviene al momento
della presentazione, presso l’istituto o soggetto a ciò deputato, del prospetto
di paga come definito dalla legge 5 gennaio 1953 numero 4 e successive
estensioni e modificazioni. La presentazione può anche validamente avvenire in
forma telematica e il soggetto deputato all’attribuzione dei CCF può essere il
medesimo a cui è (eventualmente) delegata la corresponsione della retribuzione
al lavoratore.
Per i soggetti aventi diritto all’attribuzione dei
CCF ai sensi del precedente articolo 5, l’attribuzione avviene al momento della
presentazione, presso l’istituto o soggetto a ciò deputato, della dichiarazione
dei redditi da cui risulti un reddito di lavoro autonomo come definito e
disciplinato dal Capo V, Artt. 53 e 54, D.P.R. 22 dicembre 1986.
L’articolo 8 delinea il meccanismo tecnico di assegnazione dei CCF, che
è in effetti piuttosto semplice. Il lavoratore o il datore di lavoro designano
un istituto di credito, che probabilmente sarà lo stesso per il cui tramite
viene corrisposta la retribuzione o (nel caso dei lavoratori autonomi)
effettuato il versamento delle imposte sui redditi. L’istituto apre un apposito
“conto CCF” (in pratica, un conto titoli) intestato all’assegnatario e lo
accredita per l’importo dovuto.
Articolo 9
La responsabilità della corretta determinazione e
della corretta effettuazione delle operazioni finalizzate all’attribuzione di
CCF ai sensi dei precedenti articoli 3 e 4 compete al datore di lavoro.
La responsabilità della corretta determinazione e
della corretta effettuazione delle operazioni finalizzate all’attribuzione di
CCF ai sensi del precedente articolo 5 compete al lavoratore autonomo.
L’articolo 9 introduce il concetto che il datore di lavoro è
responsabile della corretta effettuazione delle operazioni e quindi di
assicurare l’attribuzione dei CCF al lavoratore, oltre che a se stesso. In
pratica è una sorta di “sostituto d’imposta” (anche se qui non si tratta di
pagare un’imposta ma di far sì che il lavoratore benefici di un’assegnazione).
Il lavoratore autonomo (secondo paragrafo) provvede, invece, da sé.
Articolo
10
I CCF sono liberamente e pienamente negoziabili e
trasferibili.
E’ istituito un mercato telematico dei CCF,
disciplinato dal Ministero dell’Economia e sottoposto alla supervisione della
Banca d’Italia e della Consob.
L’articolo finale della proposta di legge, il 10, precisa che i CCF
sono negoziabili e trasferibili senza alcuna restrizione, e che sarà istituito
un mercato telematico analogo a quello dei titoli di Stato. In effetti, i CCF sono
titoli di Stato, in quanto da esso pienamente riconosciuti e garantiti. La
differenza è che a fronte dei CCF non sussiste un impegno di rimborso, bensì di
accettazione futura a soddisfazione degli impegni finanziari nei confronti
dello Stato medesimo.
Esistono ovviamente dettagli numerici che riportano in forma analitica
i dati rilevanti per stimare gli effetti di questa proposta di legge, in primo
luogo per quanto attiene all’ammontare dei CCF assegnati su base annua e in
secondo luogo sull’azione in riferimento alla crescita.
DAI BOT AI BOT FISCALI = CCF
Ovvero denominare il nostro debito pubblico in moneta sovrana
Rimane un
problema che il progetto CCF, applicato nei termini qui delineati, lascia in
essere. È la denominazione in euro del debito pubblico italiano.
Come visto, uno stato il cui debito pubblico è denominato nella moneta
sovrana dello stato medesimo può sempre evitare l’insolvenza. Basta aumentare
l’emissione di moneta, in modo da avere a disposizione quanto necessario a
rimborsarlo o rifinanziarlo.
Se il debito pubblico italiano fosse stato denominato in moneta
sovrana, gli attacchi speculativi verificatisi durante il 2011 sarebbero stati
semplicemente impensabili.
È concepibile e va presa in considerazione l’idea che, successivamente
all’avvio del progetto CCF, l’Italia e gli altri paesi che lo adotteranno
cessino di emettere debito pubblico denominato in euro.
Il debito pubblico italiano denominato in una moneta di cui lo stato
non controlla l’emissione dovrebbe, in altri termini, essere sostituito da
altri strumenti finanziari, che non comportino rischi di default.
Una possibilità, per esempio, è quella di sostituire
il debito pubblico in euro, via via che arriva a scadenza (o anche prima), con
emissioni di CCF. Si offre al pubblico, in pratica, la possibilità di
convertire BOT e BTP, o di utilizzare i proventi derivanti dal loro rimborso,
per sottoscrivere Certificati di Credito Fiscale.
NAZIONALIZZARE UNA BANCA:
RISPARMIARE 80 MILIARDI/ANNO DI
INTERESSI
Premessa:
Occorre dire in premessa che il
deficit dello Stato è misura della quantità di beni e servizi che l’economia
nazionale produce.Cioè, a parità di prezzi, se i beni e servizi aumentano deve
aumentare la base monetaria per poterseli scambiare e quindi aumenta il deficit
dello Stato rendendosi necessaria una “giusta” emissione monetaria. E’ chiaro
che se invece diminuiscono i beni e i servizi occorre abbassare la base
monetaria diminuendo il deficit. Oggi nell’eurozona questo deficit è DEBITO
cioè noi dobbiamo noleggiare la base monetaria pagandoci sopra interessi.
Dicevamo che, in attesa di accorgerci
di questa “anomalia” nella contabilità nazionale, è comunque possibile
risparmiare almeno l’80% di interessi rimanendo all’interno dei trattati e
dell’eurozona.
Siamo parlando di 80
miliardi all’anno!
Il bilancio del settore interno
governativo, per intenderci il bilancio dello Stato è gravato ogni anno da 80 –
90 miliardi di euro di interessi. Solo due numeri dal 1990 a oggi lo Stato
italiano ha pagato di interessi circa 1900 miliardi di euro. Il “debito
pubblico” è 2075 miliardi!
Lo Stato Italiano PUÒ risparmiare circa
l’80% del costo degli interessi che attualmente paga sui propri titoli
pubblici.
COME?
Nell’art. 123 del Trattato unificato si
dice che la BCE non può prestare direttamente agli Stati dell’eurozona, ma può
solo prestare al sistema bancario che poi presta agli Stati.
La BCE “stampa denaro” e lo “vende”
alle Banche allo 0,50% e queste lo noleggiano agli Stati al 4,35%. L’Italia
spende appunto il 4,50 % circa su 2000 miliardi cioè 90 miliardi l’anno in
interessi.
Al comma 2 del Trattato stesso si dice
che se ci fosse una Banca di proprietà pubblica cioè statale, questa potrebbe
accedere al noleggio di denaro al tasso dello 0,50%. Questa banca di proprietà
dello Stato potrebbe noleggiare il denaro allo Stato per esempio allo 0.90%.
Lo 0,90 % di 2000
miliardi è pari a 18 miliardi!
90-18=72 miliardi in meno di interessi!
Sta bene la Banca (18 miliardi l’anno
senza fare nulla) e stiamo bene noi: Basta con l’austerità.
Nazionalizziamo il Monte Paschi Siena o
la Cassa depositi e prestiti e risolviamo il problema degli interessi e
dell’austerità.
Per motivi di spazio non inseriamo qui
tutto il materiale ufficiale ma vi diciamo che questi articoli (Art. 123 comm.
1 e 2), sono stati inseriti perché qualcuno li usasse. E infatti Germania e non
solo lo fanno (vedere ad esempio Kreditanstalt fuer Wiederaufbau (KfW), che
oggi si chiama KfW Bankengruppe). Ecco spiegato lo spread.
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